ISC

Gli Autori Di Violenza Sessuale

Gli Autori Di Violenza Sessuale

Nel “Rapporto Mondiale su Violenza e Salute”, redatto dall’ “Organizzazione Mondiale della Sanità” (2002), la violenza sessuale è definita come “l’atto sessuale, o il tentativo di atto sessuale, commenti o avances sessuali non desiderati, traffico sessuale nei confronti di una persona con l’uso della coercizione”. La suddetta violenza comprende lo sfruttamento sessuale, lo stupro e l’abuso sessuale, la mutilazione genitale femminile, tipica di alcuni paesi dell’Africa, che include circoncisione, escissione e infibulazione, tutte pratiche volte alla dolorosa modificazione dei genitali esterni, e la sterilizzazione forzata, effettuata in determinati contesti storici e culturali verso donne e omosessuali, che consiste in un vero e proprio intervento chirurgico operato sull’apparato riproduttivo, eseguito senza il consenso di chi lo subisce. Lo sfruttamento sessuale consiste nell’abuso di una posizione di vulnerabilità, disparità di potere o fiducia per scopi sessuali e include la prostituzione forzata, la schiavitù sessuale e gli scambi sessuali, mentre lo stupro è definito come un rapporto sessuale non consensuale, che può includere la penetrazione di una qualunque parte del corpo con un organo sessuale o la penetrazione dell’apertura vaginale o anale con un qualsiasi oggetto o parte del corpo, anche attraverso l’uso della forza o la coercizione.
Esistono vari tipi di stupro: l’incesto, quando è un familiare ad usare violenza nei confronti di un altro familiare stretto, lo strange – rape, in cui l’abusante è un estraneo, il date -rape, cioè lo stupro in occasione di appuntamenti, il marital – rape, che avviene all’interno del matrimonio, e lo stupro di gruppo che può rappresentare per la donna un’esperienza di totale annientamento fisico e morale Il reato di violenza sessuale non è caratteristico di un’epoca particolare o di una determinata classe sociale, ma per molto tempo è stato considerato un atto di violenza contro la morale pubblica e il buon costume, e solo dal 1996, con l’introduzione della legge n.66, cosiddetta “legge anti-stupro”, è stato riconosciuto come un reato contro la libertà sessuale e quindi contro la persona, perseguibile penalmente con reclusione da 5 a 10 anni. Secondo un’indagine Istat, in Italia, 5 milioni di donne (23,7%) hanno subito violenze sessuali nel corso della loro vita; di queste, circa 1 milione (4,8%) hanno subito stupri, dei quali il 14,3% sono avvenuti all’interno del rapporto di coppia.
Ma come si diventa Sexual Offender? In questa categoria rientrano stupratori, molestatori assillanti (stalker) e child molesters, ossia soggetti interessati a minori. Diverse scuole di pensiero hanno tentato di fornire una spiegazione al fenomeno universale della violenza sessuale: ad esempio, la teoria femminista ha motivato questa spinta con un desiderio non erotico, bensì di dominio, controllo e umiliazione al fine di mantenere la donna in uno stato di asservimento politico ed economico nei confronti dell’uomo. Altre teorie hanno posto lo stupro in relazione con altri crimini violenti o con ambienti che promuovono l’utilizzo dell’aggressività, ed altre ancora sottolineano l’influenza di modelli che mettono in risalto una vera e propria associazione tra sessualità e violenza, spesso enfatizzata nella pornografia o nella visione mediatica di stupri o altri atti di violenza.
Esistono certamente dei fattori predisponenti, come l’assunzione di droghe disinibenti, aspetti educativi con i quali vengono rinforzati comportamenti aggressivi, il vivere in ambienti degradati in cui vige una subcultura criminale o condizioni di basso livello socioeconomico, l’umiliazione di essere stati rifiutati da una donna, l’aver subito umiliazioni o violenze di ogni genere. Sono state individuate 6 tipologie di stupratori, sulla base di parametri quali la natura e la motivazione del comportamento aggressivo, il ruolo dell’eccitazione e della motivazione sessuale:

  • Il tipo “criminale opportunista”: ha uno scarso controllo degli impulsi, una storia di comportamenti criminali, scarsa empatia e un uso impulsivo della violenza, per cui la stessa è messa in atto occasionalmente e senza alcuna premeditazione;
  • Il tipo “non criminale-sessuale non sadico”: presenta delle distorsioni cognitive sulle donne e sulla sessualità, ha fantasie sessuali non aggressive, scarse esperienze di aggressioni non sessuali. Prova sentimenti di inadeguatezza rispetto alla propria sessualità ed all’immagine di sé in quanto maschio, che tenta di compensare con la sottomissione della vittima;
  • Il tipo “criminale con rabbia pervasiva”: la sua rabbia e la sua ostilità lasciano spazio ad una disinibizione permanente nell’attuare l’abuso sessuale, durante il quale ,però, questo tipo di offender non prova un vero e proprio piacere sessuale e non sempre usa la violenza. La sua rabbia non è esclusivamente rivolta verso le donne ed in genere può essere autore anche di altri tipi di crimini. Si eccita sessualmente sia alla visione scenica di uno stupro, sia a quella di un rapporto sessuale consenziente. Durante l’abuso non è guidato da fantasie erotiche e può arrivare ad uccidere la vittima;
  • Il tipo “non criminale vendicativo”: rivolge la sua rabbia esclusivamente verso le donne e cerca di scaricarla umiliando e provocando di frequente anche lesioni fisiche alla vittima;
  • Il tipo “criminale palesemente sadico”: premedita l’aggressione e, poiché guidato da fantasie violente, mostra una forte propensione nell’infliggere gravi lesioni fisiche alla vittima. Questa tipologia di abusatore si eccita brutalizzando la propria vittima e può rappresentare la personalità del serial killer a sfondo sessuale;
  • Il tipo “non criminale sadico latente”: presenta le stesse caratteristiche del precedente senza, però, avvertire l’esigenza di brutalizzare la propria vittima.

Come possiamo notare, uno degli elementi messi in risalto nelle varie tipologie è il sadismo, cioè quella condizione psichica per la quale un individuo trae piacere dal dolore, fisico e morale, inflitto ad altri. Bisogna però distinguere lo stupratore e il sadico sessuale vero e proprio: chi commette uno stupro provoca sicuramente dolore alla vittima, ma solo il sadico sessuale tortura e umilia la vittima al fine di eccitarsi sessualmente. Le indagini cliniche riconoscono questi soggetti come essenzialmente deboli, insicuri della propria identità psico-sessuale, in genere non integrati socialmente e talvolta ostili, permalosi, incapaci di sopportare la frustrazione o di ritardare la gratificazione, particolarmente dediti alla pornografia. Non esiste un collegamento esclusivo tra le tipologie di comportamento sessuale abusante e psicopatologie specifiche, ma i sexual offenders mostrano una vasta gamma di problematiche psicologiche: la patologia bordeline è correlata con lo stupro e in generale con tutte le varie tipologie di abusi sessuali, tra i pedofili emerge una correlazione con il feticismo, negli assassini sessuali si nota l’onnipotenza narcisistica.
Sembra però comune nei sexual offenders un’immaturità affettiva e psicosessuale, caratterizzata dall’urgenza degli impulsi sessuali e da un’affettività di tipo egocentrico e non adattivo, e un’inadeguatezza delle relazioni interpersonali, causata da infantilismo e un Io immaturo, con una fissazione della libido a livello infantile. I comportamenti di aggressione sessuale si manifestano a partire dall’infanzia, perdurano durante l’adolescenza e continuano nel corso della vita adulta modificandosi in base al livello di maturità sessuale. Un ruolo fondamentale è quindi occupato dalle figure genitoriali e dall’identificazione con esse: se l’identificazione paterna è assente o fortemente disadattiva, e se la madre appare onnipotente, causando nei soggetti da un lato la paura della simbiosi e dall’altro il desiderio per la fusione, si avrà un’identificazione caratterizzata da una forte ambivalenza che influenzerà negativamente i processi di pensiero, paralizzandoli.
Sentimenti di rabbia verso la propria madre, inespressi nel periodo infantile e quindi causa di frustrazione, possono esplodere poi contro una vittima anonima. Spesso emerge anche la presenza di esperienze pregresse di abusi sessuali, maltrattamenti fisici o trascuratezza emotiva e fisica, subìti da bambini. Non sempre, però, vi è un atteggiamento ostile nei confronti delle donne: in alcuni casi la violenza sembra rappresentare l’unica forma di rapporto interpersonale che il soggetto riesce ad instaurare con le figure femminili. Quando invece la vittima è oggetto di una vera e propria aggressione fisica e verbale, la violenza sessuale rappresenta una modalità di punizione che l’autore esercita nei confronti delle donne in generale. Talvolta il soggetto può utilizzare anche un meccanismo di scissione, che lo aiuta a mettere ai margini la parte dell’Io più fragile, al fine di condurre un’esistenza normale, seppure di tanto in tanto possa essere assalito da un bisogno imperioso di salvarsi dall’angoscia attraverso la violenza sessuale.
Diversi studi hanno portato ad ipotizzare che l’aggressore sessuale, da un punto di vista clinico, può, anche se non essenzialmente, presentare alcune particolari forme di malattia mentale, come la schizofrenia, o caratteristiche tipiche di alcuni disturbi di personalità, ad esempio il disturbo della personalità antisociale, che comporta un’incapacità di conformarsi alle norme sociali, impulsività, irritabilità, aggressività e mancanza di rimorso, ma soprattutto il disturbo narcisistico di personalità, che implica un quadro pervasivo di grandiosità e mancanza di empatia. È’ proprio la mancanza di empatia, presente in diverse tipologie di criminali, a far sì che il soggetto metta in atto la violenza: gli aggressori sessuali giudicano i loro comportamenti non dannosi e, attraverso vere e proprie distorsioni cognitive, legittimano le loro offese. Generalmente queste distorsioni si riferiscono ad un’auto-percezione dell’abusante come un soggetto passivo, che non riesce a contrastare le forze che lo spingono a stuprare, oppure come un soggetto superiore agli altri per ruolo sociale o caratteristiche personali, che lo “autorizzano” a compiere l’abuso; una percezione del mondo esterno come ostile, da cui è quindi legittimato a difendersi, e delle donne come ingannevoli e manipolatrici o sempre desiderose di sesso.
In quasi tutti i casi di violenza sessuale imposta con la forza esistono tre componenti motivazionali: potere, rabbia e sessualità. Gli stupratori possono essere quindi distinti in base all’elemento primario che caratterizza la loro motivazione: se la spinta è data dal potere, vi sarà il desiderio di conquistare e dominare la propria vittima; se lo stupratore è principalmente motivato dalla rabbia, sarà chiara l’ostilità verso le donne; se la motivazione è sessuale possono essere presenti fattori sessuali influenti, come la deprivazione o l’inibizione sessuale, o impulsi sessuali ipertrofici che sommergerebbero le capacità di controllo dell’individuo, o incapacità di successo nell’ottenere approcci sessuali con strategie diverse dall’uso della forza. Qualsiasi sia l’offesa sessuale attuata, il trattamento riabilitativo risulta spesso molto complesso: il soggetto ricava grande piacere dall’attività messa in atto e diventa difficile porre fine a comportamenti che producono tale soddisfazione. Gli autori che ammettono il reato, generalmente hanno una tendenza a considerare del tutto normale comportamenti violenti contro le donne o li considerano un effetto inconsapevole dell’abuso di alcool e droga; al contrario, i soggetti che sono portati a negare il fatto, lo considerano una legittima affermazione del proprio diritto sulla donna e ricercano, tramite tale violenza, una conferma circa la propria identità maschile.
Proprio questo tipo di violenza, finalizzata all’affermazione della propria virilità ed identità sessuale, sembra essere la più diffusa, oltre che alla base dello stupro di gruppo: in tal caso, in un clima di alleanza, ma anche di esibizione e soprattutto di competizione, si cerca una rassicurazione talvolta finalizzata a”riparare” e a ”coprire” un’omosessualità latente, ma possono anche entrare in gioco variabili come una conformistica adesione a modelli violenti espressi fortemente dalla società o dai mass-media, un esasperato desiderio di evasione, la mancanza di reali interessi e motivazioni o semplicemente la noia. Delle variabili molto diverse sembrano invece motivare lo stupratore seriale, definito tale quando stupra tre o più persone, che spesso soffre di un disturbo nella fase del desiderio: il soggetto si sente periodicamente ipereccitato e può impulsivamente attaccare qualsiasi donna gli capiti a tiro, alcune volte arrivando ad ucciderla. Ha uno stile di vita sempre apparentemente in ordine, che maschera il lato compulsivo della sua personalità, è spesso dedito alla pornografia e al feticismo verso la biancheria intima femminile e incline al comportamento sadico.
Diversi studi hanno evidenziato anche un collegamento tra stupro seriale e reati contro la proprietà. L’autore, inoltre, organizza lo stupro nel minimo dettaglio, riuscendo spesso a sfuggire all’arresto anche grazie alle specifiche competenze che acquisisce con l’esperienza. L’ambito nel quale si verificano la maggior parte degli abusi, però, resta la famiglia, in cui sono presenti tantissimi casi di pedofilia, perpetuati da un ciclo ripetitivo: i soggetti sessualmente abusati durante l’infanzia, sia maschi che femmine, attraverso un meccanismo di identificazione con l’aggressore, possono divenire a loro volta in età adulta dei pedofili, sia di tipo “esclusivo”, cioè attratti solo da bambini, sia di tipo “non esclusivo”, attratti quindi anche da coetanei. Alla base del comportamento pedofilo vi è una personalità immatura, determinata da un arresto dello sviluppo, che implica un’incapacità di instaurare relazioni con partner maturi e gravi disturbi nell’orientamento psico-affettivo e sociale. Anche altri fattori possono favorire l’insorgere di comportamenti pedofili: aver subito maltrattamenti durante l’infanzia, aver vissuto in famiglie disfunzionali con genitori assenti o in cui si assisteva ad azioni violente su altri familiari, l’essere stati esclusi e isolati, anche durante l’ adolescenza, da propri coetanei di cui ne è stata fortemente invidiata la vitalità. Tutta la pedofilia è caratterizzata da un clima di negazione, che coinvolge tutti i partecipanti della vicenda: l’autore nega spesso i fatti o la propria responsabilità dell’accaduto, talvolta anche solo sminuendola o attribuendo la colpa alle vittime per alcune loro caratteristiche.
Inoltre, il pedofilo fa spesso uso anche di materiale online pedopornografico: sono stati segnalati dal febbraio 2009 ad oggi 10.977 siti pedofili all’estero e 177 sono stati chiusi in Italia. Generalmente, quando si parla di violenza sessuale o pedofilia, anche nell’immaginario collettivo si pensa ad un abuso esercitato da uomini verso donne, ma esistono anche siti pedopornografici per sole donne, le quali solitamente mettono in atto comportamenti pedofili più mascherati, attraverso carezze e toccamenti ripetuti nel tempo e manipolazioni di tipo masturbatorio, in qualche modo “protetti” dal diritto che la madre esercita sul corpo del proprio figlio. Una pratica che si è diffusa negli ultimi anni è quella del turismo sessuale, in cui l’abusante si giustifica anche a livello interiore, sostenendo l’utilità del sussidio economico che fornisce ai bambini dei paesi poveri dove si reca, in cambio della prestazione sessuale. Le varie forme di violenza comprendono anche lo stalking, che consiste in molestie insistenti e atti persecutori, che possono sfociare in violenza fisica, nel 10% dei casi in omicidio e nel 40% dei casi in violenza sessuale. Le vittime sono nell’80,78% dei casi femmine e nel 19,22% maschi e la maggior parte delle volte conoscono l’ autore del reato. Infatti, lo stalker è spesso un ex partner che si vuole vendicare di un torto subito o si convince che la vittima prima o poi possa cedere, nell’illusione che anche lei in fondo provi i suoi stessi sentimenti. Non tutti gli stalker però elaborano distorsioni cognitive e questa modalità di approccio può costituire anche l’unico tipo di rapporto che il soggetto è capace di instaurare con qualsiasi potenziale partner. Negli ultimi anni, sia lo stalking che il cyberstalking, cioè le molestie effettuate attraverso l’utilizzo di Internet, sono diventati punibili penalmente con condanne che possono oscillare tra i 6 mesi e i 4 anni di reclusione, anche se talvolta può risultare difficile stabilire il confine tra modalità atipiche di corteggiamento e vero e proprio stalking.